Sergio Calzoni dice:
Lavorare con altre persone è sempre un’esperienza più gratificante
Nella musica ambient, all’inizio tutto è legato a una sensazione
Ho avuto un’esperienza molto emozionante suonando dal vivo in una chiesa
In ILUITEQ, i ruoli sono quasi identici
Sergio Calzoni è un musicista che ha esplorato una serie di stili musicali nel corso della sua carriera.
Nel suo ultimo progetto, un duo con l’esperto musicista Andrea Bellucci chiamato ILUITEQ, ricopre in condivisione una serie di ruoli, dallo sviluppo dei brani alla produzione e al mixaggio.
Scopriamo di più su questo e su molte altre cose.
Sir Joe: Ciao, Sergio. Tu hai collaborato in diversi progetti, e non tutti avevano a che fare con la musica ambient. Puoi dirci con quali progetti hai collaborato in passato, in quali sei coinvolto ora, sia da solo che con altre persone, e qual è stato/è il tuo ruolo?
Sergio Calzoni: Partendo dall’inizio, il mio primo progetto è stato ‘Alma Mater’ negli anni ’90, quindi molto tempo fa.
Era un duo elettronico, nel quale mi occupavo della produzione e dello sviluppo dei brani, ossia dell’arrangiamento e della composizione. Valerio Biagi era il cantante, suoi erano tutti i testi e le parti vocali dei brani che avevo sviluppato. Quel progetto era strettamente legato al movimento Dark Wave, all’epoca una grande fonte di ispirazione per me.
Cercavamo di essere un po’ diversi da tutti gli altri gruppi darkwave, quindi cantavamo in italiano. La maggior parte delle altre band di questo genere musicale invece canta in inglese.
In seguito, ho sentito il bisogno di esplorare nuovi territori musicali. Intorno al 2000, 2001, mi sono entusiasmato al nuovo movimento trip hop che stava prendendo piede, soprattutto nel Regno Unito: artisti come Massive Attack, Portishead e così via.
Ecco perché ho deciso di esplorare questo genere musicale, iniziando una collaborazione con altri musicisti. Nel gruppo ‘Act Noir’ ho suonato le tastiere e fornito le parti elettroniche con un sequencer, anche se sembravamo più una tipica rock band.
C’erano un batterista, un chitarrista, un bassista e un cantante danese, perché all’epoca vivevo in Danimarca, dove sono rimasto per quasi quattro anni.
Era una bella sfida, perché all’epoca internet era ancora nella fase iniziale di sviluppo e diffusione, eppure riuscivamo, proprio grazie a internet, a mantenere i contatti con i musicisti in Italia.
In Danimarca ho anche avuto la possibilità di costruire il mio primo home studio, con ProTools e una vecchia interfaccia audio Digi 001. È stato davvero emozionante, perché finalmente potevo occuparmi di tutte le parti relative alla produzione di un album.
Tutte le registrazioni venivano effettuate da me in Danimarca, e quando tornavo in Italia per le vacanze registravo tutte le parti dei musicisti italiani, quindi chitarra e basso. La batteria veniva registrata in uno studio vero e proprio perché non avevamo l’attrezzatura per registrare una batteria acustica. Poi mi occupavo del mixing e della produzione e si completava l’album, realizzato praticamente tra l’Italia e la Danimarca.
Dopo aver pubblicato due album con Act Noir, ho iniziato un’altra collaborazione molto significativa per la mia carriera musicale.
La band si chiama Colloquio, ed era un progetto già esistente. Sono entrato nel gruppo nel 2007, o forse nel 2006, perché il suo leader, Gianni Pedretti, voleva che ne facessi parte per la pubblicazione di un album.
In questo progetto mi sono occupato di tutte le parti elettroniche, e ho partecipato alla produzione. In particolare, mi sono occupato di tutto il mixaggio e poiché siamo rimasti entrambi molto soddisfatti di questa collaborazione, abbiamo continuato a lavorare insieme per un secondo lavoro.
Il nuovo album si chiamava “L’entrata e l’uscita” e ci ha dato la possibilità di suonare dal vivo in molti locali in tutta Italia.
Poi, ho iniziato a sentire il bisogno di dare forma a un progetto solista e così, per la prima volta, ho deciso di occuparmi completamente da solo di tutti gli aspetti musicali e di lanciarmi nell’esplorazione della musica ambient.
È così che è nato un progetto chiamato Orghanon, con il quale pubblico tuttora. Questo tipo di progetto mi era del tutto nuovo, perché non avevo mai fatto musica completamente da solo.
È piuttosto impegnativo, perché a volte quando si è completamente da soli c’è il rischio di perdersi. Devi essere molto disciplinato, porti delle regole, altrimenti le cose possono andare fuori controllo.
Dopo Orghanon, sono entrato in contatto con un musicista italiano con una lunghissima lista di lavori pubblicati in molti stili musicali diversi. Il suo nome è Andrea Bellucci. Nella prima parte della sua carriera, Andrea aveva collaborato con i membri dei Planet Funk, prima che si chiamassero Planet Funk, e aveva pubblicato molta musica techno e dance.
Avere la possibilità di collaborare con un musicista così esperto è stata per me una vera emozione. Andrea ed io abbiamo così dato vita a un duo di musica elettronica ambient chiamato ILUITEQ.
Finora è stato un progetto molto fortunato, perché all’inizio ci ha dato la possibilità di pubblicare album con un’etichetta inglese, mentre ora abbiamo un contratto a lungo termine con un’etichetta di Oakland, vicino a San Francisco. Si chiama n5MD ed è un’etichetta piuttosto importante per la musica ambient.
All’interno di ILUITEQ i ruoli sono quasi identici. Entrambi sviluppiamo i brani e li produciamo, ma solo io mi occupo del missaggio.
Sir Joe: Grazie mille per la spiegazione molto dettagliata.
Dunque, tu hai menzionato il pericolo di lavorare da solo, per il rischio di perdere il focus e cose del genere.
C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere sulla differenza tra lavorare in un progetto solista e lavorare con altre persone?
Sergio Calzoni: Beh, credo che lavorare con altre persone sia sempre un’esperienza più gratificante, perché si ricevono input diversi e molto spesso si scopre una prospettiva diversa su come una canzone dovrebbe essere sviluppata.
Quindi trovo che sia gratificante e istruttivo, in un certo senso, perché si possono imparare molte cose nuove quando si ha la possibilità di condividere un progetto con altre persone. Ecco perché preferisco assolutamente questo tipo di dimensione.
Sir Joe: Come prende forma una tua canzone?
In un brano pop classico, per esempio, si può avere già tutto in testa, prima di entrare in studio. Ma con un brano ambient, credo sia molto difficile avere già tutto in testa prima di iniziare il processo di registrazione. È così?
Sergio Calzoni: Sì, è proprio così. In realtà, anche quando facevo musica più orientata al pop era molto raro che avessi in mente qualcosa di più di un’idea di base, prima di iniziare il processo di registrazione.
Con la musica ambient, all’inizio tutto è legato a una sensazione, a un’emozione. Quando inizio a sviluppare un brano, poi, molto spesso traggo ulteriore ispirazione dal sound design.
Quindi, partendo da suoni molto basilari, sviluppo la struttura di un brano, utilizzando diverse tecniche di sintesi.
In pratica è così che sviluppo un brano ambient. Parto da suoni molto semplici e poi sviluppo il brano a seconda di come quei suoni mi ispirano. Questa è l’essenza del mio processo creativo.
SJ: Hai detto che suonavi dal vivo. Non so se ora lo fai ancora, ma ad ogni modo hai maturato una certa esperienza dal vivo.
Come ti fa sentire la cosa? Hai paura del palcoscenico? È una cosa che ti eccita, che non vedi l’ora di ripetere o è qualcosa che appartiene solo al tuo passato?
SC: Diciamo che preferisco lavorare in studio, perché mi sento più in controllo, più rilassato.
Detto ciò, le esperienze dal vivo che ho avuto sono sempre state molto gratificanti, quindi anche se a volte devo forzarmi a decidere di suonare dal vivo, alla fine è sempre un’esperienza gratificante perché ricevo molti feedback positivi e sensazioni positive dal pubblico.
Con i miei attuali progetti ambient non ho molte opportunità di suonare dal vivo, anche perché è un tipo di musica che di solito la gente preferisce godersi a casa. Per questo motivo non ci sono molti locali ed eventi in cui si suoni musica ambient dal vivo.
Se dovessi ricevere offerte da agenzie di booking o da promotori di festival, credo proprio che le accetterò, se ne avrò la possibilità.
SJ: La mia impressione è che, quando si suona musica ambient dal vivo, si debba fare molto affidamento su video nello sfondo, luci e cose del genere, perché, soprattutto se si è soli sul palco, si rischia che la gente si annoi dopo un po’, per quanto interessante possa essere la musica. È così?
SC: Sì, hai ragione, e credo che i posti in cui si suona musica ambient non siano gli stessi in cui si suonano rock, pop, quei tipi di musica.
La musica ambient deve essere inserita in un contesto specifico. Per dare importanza e forza alla musica ambient, la si deve suonare in un contesto specifico e molto particolare.
Per esempio, io ho avuto un’esperienza molto emozionante suonando dal vivo in una chiesa, che non è proprio un luogo tipico per un gruppo rock. La stessa emozione l’ho provata in un museo, un altro ambiente che offre un’esperienza totalmente diversa anche per l’ascoltatore.
SJ: Sono assolutamente d’accordo.
Ora, come al solito, l’ultima parte di questa intervista è dedicata ai cosiddetti “segreti di studio”. Vediamo cosa ha preparato per noi Sergio.
(Ora ti invito a guardare il video qui sotto, a partire dal minuto 20:31)
Puoi trovare i lavori di ILUITEQ su Bandcamp.
L’elenco delle altre interviste a brillanti artisti di musica elettronica lo trovi nella pagina The Electronic Corner.