Presentazione Giappone
Il Giappone è uno Stato insulare dell’Asia orientale, situato nell’Oceano Pacifico.
Il suo territorio prevalentemente montuoso comprende 14.125 isole, ma le cinque più grandi rappresentano il 97% dei circa 378.000 kmq che lo compongono.
I circa 126 milioni di abitanti lo rendono l’undicesimo Paese più popolato al mondo e la cosiddetta Grande Area di Tokyo, con i suoi 38 milioni di residenti, è la più grande area metropolitana del pianeta.
Io ho visitato una parte dell’isola di Honshu, la più estesa del Paese, nel periodo della fioritura dei ciliegi. Con me c’era il fido Ji Hun, che hai già conosciuto nel mio articolo su Seoul.
La sua perfetta conoscenza del giapponese è stata un dono dal cielo, perché se avessi dovuto districarmi da solo tra la pessime indicazioni in inglese (quando c’erano) e la cervellotica gestione del sistema di trasporti, avrei perso molto più tempo.
Non sto cercando di spaventarti o di scoraggiarti a intraprendere un viaggio verso questo bellissimo Paese, però è giusto avvisarti che una preparazione adeguata su come, dove e quali biglietti di bus e/o treno acquistare, per fare un esempio, ti eviterà qualche grattacapo di troppo.
Qualcosa lo scoprirai leggendo il resto dell’articolo, ma per tutti i dettegli ti consiglio di consultare i siti specializzati nel sistema di trasporti giapponese.
Treksplorer, ad esempio, spiega le varie opzioni disponibili per spostarsi a Osaka e può essere un valido punto di partenza, per quanto io non sia d’accordo sull’affermazione che muoversi all’interno di quella città sia semplice.
Adesso però è ora di partire. Sveglia alle 4 e partenza da Seoul alle 7, con destinazione Kobe.
L’esperienza con Air Busan è stata molto positiva. Un nuovo Airbus A321, tanto spazio per le gambe, buon cibo e puntualità … niente male, per una compagnia a basso costo. Evidentemente, il fatto che in Corea ci siano altre 5 compagnie low cost aiuta a far sì che il livello del servizio sia molto alto.
Curiosità: a Seoul, mentre l’aereo stava arretrando dopo essersi staccato dal finger del gate, tutto il personale di pista addetto al carico dei bagagli sull’aereo si è allineato, ha fatto l’inchino e ha salutato noi passeggeri con la mano, o almeno quelli che dal finestrino riuscivano a vederli. Lo stupore mi ha impedito di afferrare il telefono per riprendere l’evento, ma è stata una scena bellissima.
Bel tempo alla partenza, pioggia all’arrivo
Dopo 55 minuti di volo, Osaka ci accoglie con la pioggia, ma non è un problema perché le previsioni danno bel tempo per i giorni successivi.
La nostra meta in realtà è Kobe, che useremo come base di partenza per le visite dei prossimi due giorni. All’aeroporto di Osaka acquistiamo il biglietto per il traghetto che ci porterà lì in circa 30 minuti.
Viaggio comodo e veloce
Durante l’ultimo tratto a piedi per raggiungere l’albergo, ci imbattiamo in una sfilata di moda all’interno di un enorme centro commerciale.
Molte cose interessanti ancora prima di arrivare in albergo. Se il buongiorno si vede dal mattino…
La visita di Kobe parte da un paio di jinja.
Il jinja è un santuario scintoista composto da molti edifici, e presenta statue di animali considerati portafortuna, soprattutto la volpe.
In Giappone sono molto diffusi, tanto che non ti indicherò neppure il nome se non in casi particolari, visto che li troverai davvero ovunque e dopo un po’ tendono a sembrare tutti uguali.
Il jinja è caratterizzato dalla presenza di uno o più torii, un vero e proprio portale d’ingresso che troviamo non solo nei jinja ma anche nelle strade di alcune città. Il torii indica la presenza di un’area sacra.
Kobe è molto carina, si può dire a misura d’uomo, nonostante il milione e mezzo di abitanti non la rendano una semplice cittadina.
Ti propongo alcune foto diurne e notturne, alcune delle quali prese sulla bella ruota panoramica collocata nella zona del porto.
Anche se sulla cucina giapponese ci sarà una sezione a parte verso la fine dell’articolo, il famoso manzo di Kobe mi ‘costringe’ ad aprire subito un breve capitolo sul cibo, visto che rappresenta un eccellenza del Giappone.
Ciò che lo rende famoso in tutto il mondo è il fatto che si scioglie in bocca. Ovviamente si tratta di un’esagerazione, perché è più corretto dire che volendo lo si può sminuzzare in bocca anche solo premendo la lingua contro il palato, ottimo per chi è rimasto senza denti!
Costa caro come l’oro, ma se si ha la possibilità lo si dovrebbe assaggiare almeno una volta nella vita.
Dopo avere unto la griglia con del lardo, si cuoce la carne e la si pone in una ciotola con un tuorlo d’uovo e della salsa di soia. Il sapore è divino!
Devo ancora capire come abbia fatto il cuoco a non bruciarsi la mano
Prendiamo anche un sushi di manzo (ma lo preferisco di pesce) e una birra Kirin.
Poiché un altro piatto in quel ristorante ci costringerebbe a saltare i pasti il giorno dopo, ci rechiamo in un bento shop.
Il bento è una scatola adibita a contenere un pasto; in quello che abbiamo preso ci sono riso, tofu, pesce crudo, verdure, fagioli caramellati più altre cose che non ho identificato, ma ho pensato che se le mangiano i giapponesi, non vedo perché non dovrei mangiarle io.
Poiché anche questo non ci basta, passiamo da un Seven Eleven a prendere un ramen e due palle di riso da portarci in albergo, una alle alghe e l’altra con del salmone … il tutto innaffiato da un buon sakè.
La goduria di trovare l’asse del water RISCALDATO che mi aspetta al risveglio è indescrivibile, ma purtroppo non posso indugiare troppo sul trono perché dobbiamo prendere un treno per Hiroshima e poi un traghetto per l’isola di Itsukushima.
I treni sono comodi e solitamente puntuali, anche se è meglio evitarli nelle ore di punta
L’isola di Itsukushima, conosciuta anche con il nome di Miyajima, è la sede dell’omonimo santuario, famoso per il suo torii galleggiante.
L’atmosfera è molto gradevole, anche grazie ai ciliegi in fiore e alla presenza dei cervi giapponesi, detti sika, per molto tempo considerati animali sacri in Giappone. Sono molto socievoli ma, mi è stato detto, per un triste motivo: hanno una gran fame, visto che a quanto pare non c’è nessuno che si prenda cura di loro.
Per entrare nell’area del santuario la coda è lunghissima, per cui decidiamo di lasciar perdere e facciamo qualche foto dall’esterno.
Come tutti sanno, Hiroshima è stata completamente ricostruita.
La seconda foto mostra una veduta aerea del castello dopo la bomba esplosa il 6 agosto 1945, mentre il Centro Esibizioni è uno dei pochi edifici che non è stato completamente raso al suolo.
Ricordate che in Corea la tartaruga è presente accanto a quasi tutti i templi come simbolo di buon augurio? Ecco perché la ritroviamo in un monumento eretto negli anni ‘70 in memoria delle migliaia di coreani morti dopo la bomba.
Simbolo di speranza è anche la campana della pace, situata a poche decine di metri di distanza. Oggi Hiroshima è una ridente e moderna città, molto gradevole da visitare, ma quanto successo quasi 80 anni fa non potrà mai essere dimenticato, e forse è meglio così.
Il castello di Hiroshima è stato ricostruito nel 1958.
Seguono alcune foto dell’immancabile jinja e una romantica veduta notturna.
Il mattino seguente visitiamo il Giardino delle Erbe di Nunobiki, facilmente raggiungibile da Kobe e meritevole di una visita già solo per il fatto che ci si arriva in funivia.
Bellissimo viaggio in funivia, con un panorama che si estende fino al Mare Interno di Seto e a Osaka
Nel pomeriggio, visita al castello di Himeji, conosciuto anche come il ‘Castello dell’Airone Bianco.’
Himeji è situata 46 km a ovest di Kobe, e il suo castello è stato il primo patrimonio dell’umanità UNESCO in Giappone.
È considerato il massimo capolavoro dell’architettura dei castelli giapponesi, che raggiunse l’apice nel 1600.
Purtroppo l’interno è completamente vuoto e piuttosto buio, ma tutta la zona circostante merita di essere visitata, soprattutto in questa stagione.
Altra breve digressione gastronomica, per descrivere cosa è successo oggi a pranzo a Himeji.
Ovviamente non potevo venire in Giappone senza mangiare il sushi almeno una volta, anche se alla fine l’unico che non conoscevo già è stato quello con il gambero schiacciato e con sopra una lamina di gelatina (lo si riconosce facilmente).
La zuppa di miso che lo accompagnava invece era piuttosto diversa rispetto a quella che si trova di solito in Italia, e mi è piaciuta molto.
Anche il riso del sushi è diverso, molto meno compatto del nostro, e poiché la mia tecnica con le bacchette lascia molto a desiderare, ho distrutto i primi due pezzi nel momento in cui li ho intinti nella ciotola con la salsa di soia.
A quel punto Ji Hun ha iniziato a imboccarmi come un bambino, e dopo un po’ è arrivata la padrona del locale, per dirgli che la scena l’aveva talmente intenerita che aveva deciso di offrirci il caffè.
Al momento di pagare è poi arrivato il marito, che ci ha regalato due bellissime tazze da tè e ha voluto fare una foto con noi.
Non ho ancora capito il motivo di tanto entusiasmo verso un italiano e un coreano, considerando che io non capivo una cippa di cosa stesse succedendo e che in genere i rapporti tra Sud Corea e Giappone sono tutt’altro che idilliaci, comunque va bene così.
L’atmosfera di Osaka, città di 2.600.000 abitanti, è completamente diversa rispetto a Kobe e Hiroshima: I palazzi sono più alti, la gente va più di fretta, i negozianti non sono particolarmente amichevoli, i ragazzi hanno un look molto più estremo, il numero di ubriachi e senzatetto che si incontrano per strada di sera è molto superiore, e ci sono cartelli in inglese ovunque.
Anni fa, Pan (vedi viaggio in Sichuan) mi aveva detto che “Osaka non è il Giappone”, e ora penso di aver capito cosa intendesse dire.
Comunque, anche qui ci sono cose interessanti da vedere, e il nostro giro inizia visitando la torre Harukas, il cui osservatorio è posto a 288 m di altezza.
Vista dall’alto, Osaka è piuttosto bruttina, ma se dall’osservatorio si prendono le scale per scendere di alcuni piani invece di infilarsi subito nell’ascensore, nel palazzo ci sono alcuni locali carini e una terrazza al sedicesimo piano.
Francamente il panorama di Osaka non mi ha entusiasmato
Arriva poi il momento del parco Tennoji, che presenta un interessante giardino botanico, e del Shitennoji, ossia il ‘Tempio dei 4 Re Celesti’, da alcuni ritenuto il più antico tempio buddista del Giappone.
Le ultime tre foto si riferiscono a un altro tempio, quello di Issinji, molto meno turistico ma altrettanto interessante.
Ora ti mostro due curiosità.
Forse avrai riconosciuto il pesce della prima foto: è il terribile ‘fugu‘, che noi conosciamo come ‘pesce palla’, tanto buono se trattato correttamente quanto letale se trattato da mani incapaci di eliminare totalmente la tetrodotossina contenuta nella sua pelle e in alcuni organi interni.
Non a caso occorrono dieci anni di studio, prima che un cuoco venga autorizzato a servirlo. Questa norma è stata introdotta nel 1959, dopo che nel triennio precedente erano morte 420 persone per avvelenamento.
Gli appassionati dei Simpson ricorderanno che anche Homer ha rischiato di fare una brutta fine, in uno degli episodi più celebri della serie.
La seconda foto invece mostra quello che secondo i Giapponesi sono i nostri ‘spaghetti alla carbonara’. Penso di non dover aggiungere altro…
I jinja sono davvero ovunque, anche nelle strade più strette.
I due barattoli di sakè che vedi in una foto sono un’offerta agli dei. In alternativa si lasciano frutta o riso.
Nell’ultima foto viene descritto il rituale da compiere quando si entra in un jinja.
Il castello di Osaka, la cui costruzione originaria risale alla seconda metà del XVI secolo, è stato più volte parzialmente distrutto e ricostruito, con l’ultima ristrutturazione completata nel 2019.
È inserito all’interno di uno dei parchi più grandi della città, molto frequentato soprattutto in questo periodo per la fioritura dei ciliegi.
Restiamo lì per un po’, mentre la luce naturale del giorno lascia il passo a quella artificiale della sera e la città si riempie di nuovi colori.
La notte di Osaka è molto luccicante, come nella maggior parte delle città dell’est e sud-est dell’Asia.
Le ultime due foto sono del quartiere Dotonbori, che in alcuni punti ricorda un po’ la zona dei Navigli a Milano, con un canale e ai due lati una serie di ristoranti e bar.
Anche ai giapponesi piace uscire la sera
Kyoto, città di circa 1.500.000 abitanti, è l’antica capitale del Giappone ed è famosa non solo per i suoi templi buddisti e per i jinja, ma anche per i giardini e i palazzi imperiali.
Adoro la forma affusolata della parte frontale dei treni veloci giapponesi
Nonostante abbiamo preso un treno molto presto a Osaka per arrivare al jinja Fushimi Inari prima delle otto, mezzo mondo ha avuto la nostra stessa idea, tra cui molti italiani.
Questo jinja si espande per quasi 4 km lungo il versante di una montagna e include più di 10.000 torii, 800 dei quali sono disposti in fila formando un lunghissimo tunnel.
Circa un’ora più tardi, dopo aver evitato l’assalto delle scimmie, non resisto al richiamo dei takoyaki, deliziose palline ripiene di polpo e la cui pastella resta morbida all’interno.
Poi è la volta del giardino di Tenryuj, Patrimonio dell’Unesco.
Come avrai notato, non mi sono ancora stancato di fare foto ai ciliegi in fiore!
L’ultima tappa prima di pranzo è al Kinkakuji, ossia il ‘Tempio del Padigione d’Oro’.
Un viaggio in mezzo ai ciliegi in fiore? Perché no?
Kinkakuji è un tempio zen facilmente riconoscibile perché ricoperto quasi interamente di vere foglie d’oro, ed è una delle attrazioni che chi si trova a Kyoto non può assolutamente mancare.
In origine era la villa dello shogun Ashikaga Yoshimitsu, ma venne trasformato in un tempio dopo la sua morte nel 1408.
Nel pomeriggio ci rechiamo al castello di Nijo e al jingu Heian, dove fotografo degli alberi bianchi ma non per i fiori o la neve, ma a causa dei bigliettini intrecciati appesi ai rami, con i quali si esprime un desiderio.
In questo santuario c’è anche un bellissimo giardino.
Dopo aver salutato Heian e il suo gigantesco torii, ci dirigiamo al jinja Yasaka.
Il suono della campana fa parte del rito di preghiera. Qui c’è una descrizione dei vari passaggi
La visita a Kyoto si conclude con la visita del tempio di Otowasan Kiyomizu-dera, un vero spettacolo per gli occhi soprattutto di notte.