Robin Scott dice:
Non mi considero un virtuoso
Tendo a esplorare la composizione di un brano da tutti i punti di vista.
La piattaforma Apple ha sempre sostenuto i creativi
Il prossimo anno si presenta promettente
In questo nuovo episodio di The Electronic Corner, esploriamo il percorso artistico del musicista, cantautore, produttore e pittore britannico Robin Scott, meglio conosciuto come “M”.
Robin ci parla del suo approccio alla composizione, del suo passaggio alla musica africana e delle collaborazioni con icone come Ryuichi Sakamoto e Thomas Dolby, riflettendo anche sull’evoluzione della tecnologia di produzione musicale. Come chicca finale, ci viene data un’anticipazione sui suoi nuovi progetti.
Sir Joe: Oltre che musicista e cantautore, tu sei anche produttore e pittore. Dando per scontato che ti piacciono tutti questi ruoli, qual è quello che ti viene più naturale?
Robin Scott: Ho iniziato come pittore, perché mi viene più naturale tenere in mano un pennello. Ma anche la chitarra mi ha sempre accompagnato mentre dipingevo, e questo alla fine mi ha portato a scrivere canzoni.
Non mi è facile scegliere tra le due attività ed è bello passare da una disciplina all’altra. Quando le cose non vanno bene con la musica, posso passare alla pittura e viceversa.
SJ: Alcuni artisti dicono che una canzone semplicemente “accade”, mentre altri hanno un processo più strutturato e deliberato. Tu dove ti collochi? Come si è evoluto il tuo modo di scrivere canzoni nel tempo?
Robin Scott: Scrivere canzoni è una disciplina interessante, che può prendere forma in molti modi diversi. Può basarsi su un singolo verso, su un intero ritornello o semplicemente su un pensiero relativo a una situazione a cui si vuole rispondere, elaborando essenzialmente un’esperienza e cercando le parole giuste.
A volte inizia con una progressione di accordi che ci piace, rendendo il testo in qualche modo secondario, e ci sono molti modi di affrontare la scrittura di una canzone.
Personalmente, tendo a esplorarla da tutti i punti di vista.
SJ: Nel 1983 hai messo da parte M e hai iniziato a pubblicare musica con il tuo vero nome. Questo cambiamento era dovuto a una tua necessità di esplorare nuovi territori musicali? Cosa ti ha riportato a M nel 2023 con ‘Break the Silence?’
Robin Scott: Sì, ho esplorato e mi sono rivolto verso altri generi musicali. In particolare, sono rimasto affascinato dalla musica africana, che ovviamente è molto lontana da ciò che ci si aspettava da me come M.
La musica è sempre stata un viaggio di scoperta per me. Non mi considero un virtuoso, ma mi vedo come un interessante esploratore.
SJ: Gran parte del tuo album ‘The Official Secrets Act’ parla di spionaggio e segretezza governativa, considerando il clima politico del 1980. Oggi, 44 anni dopo, le cose sembrano ancora peggio. Secondo te, perché facciamo fatica a imparare dalla storia e perché sembra sempre che alla fine tutto degeneri in un “noi contro loro?”
Robin Scott: Si dice che la storia abbia l’abitudine di ripetersi, e credo sia quello che sta facendo ora.
SJ: Esaminando i musicisti con cui hai lavorato, vedo nomi come Phil Gould e Mark King dei Level 42, Thomas Dolby, Yukihiro Takahashi della Yellow Magic Orchestra e persino David Bowie, che ha contribuito con i clap in un brano. Hanno semplicemente seguito le tue indicazioni o hanno portato le loro idee in termini di arrangiamenti, stati d’animo e così via?
Robin Scott: Beh, io seguo le mie idee, ma si tratta anche di fornire un’ispirazione, suppongo, e poi sperare che si crei un’alchimia tra di noi.
Questo è il bello di collaborare con altri musicisti in un ambiente live.
SJ: Come produttore, hai lavorato anche con gli altri due membri della Yellow Magic Orchestra, in particolare con Ryuichi Sakamoto. Cosa vi ha portato a pubblicare un EP insieme, e che ricordo hai di lui?
Robin Scott: Ryuichi mi contattò dopo aver ascoltato il mio album “Official Secrets”, e mi mandò uno degli ultimi album della Yellow Magic Orchestra. Infine, mi invitò a Tokyo per co-produrre il suo prossimo album, “Left Handed Dream”.
Trascorsi lì alcune settimane, un’esperienza affascinante, soprattutto perché dovetti lavorare con un traduttore, dato che all’epoca Ryuichi non parlava inglese.
Il suo interesse principale sembrava essere quello di collaborare con musicisti occidentali, per esplorare le influenze interculturali. Sebbene Yukihiro (Takahashi) fosse coinvolto nel progetto, fu soprattutto Ryuichi a chiedermi se potevo presentargli altri musicisti che avrebbero potuto contribuire all’album.
Suggerii Adrian Belew, che ci raggiunse; questo portò a diverse registrazioni che Ryuichi mi diede da sviluppare a Londra. Alla fine queste basi sono diventate un album di quattro tracce intitolato “The Arrangement”.
Per me fu un periodo memorabile, e già allora era chiaro come Ryuichi fosse un compositore di talento. I suoi pezzi, anche quelli per le pubblicità televisive, erano intriganti di per sé.
Davvero un ragazzo meraviglioso con cui lavorare.
SJ: Nel corso degli anni sono avvenuti molti cambiamenti nelle sale d’incisione. A parte il MIDI, che è riconosciuto come una grande svolta per la musica elettronica, quali sono, secondo te, l’hardware e il software che hanno avuto il maggiore impatto sul processo di registrazione?
Robin Scott: Per me è evidente che la piattaforma Apple, in particolare l’hardware, ha sempre sostenuto i creativi, sia nella musica che nel cinema.
È molto affidabile e ha sviluppato ulteriormente Logic Pro, che è un’eccellente DAW per i compositori.
Ecco perché la maggior parte del lavoro che svolgo al momento si appoggia essenzialmente su Apple.
SJ: Qual è il tuo strumento preferito con cui “giocare” in studio?
Robin Scott: Nel mondo virtuale, passo molto tempo a esplorare ‘Kontakt’, della Native Instruments. Si tratta di un magnifico set di plug-in che è semplicemente geniale per divertirsi.
Nel mio caso si colloca perfettamente tra la chitarra e il pianoforte.
SJ: Se potessi tornare indietro, c’è qualcosa che faresti diversamente, sapendo ora che potresti aver preso una decisione sbagliata?
Robin Scott: Col senno di poi, tutti noi riflettiamo sulle decisioni prese in passato. Tuttavia, senza quelle scelte, non saremmo dove siamo oggi.
Poiché sono felice di quello che sono ora, credo di aver preso le decisioni giuste.
SJ: So che stai registrando del nuovo materiale. Puoi darci un’idea di cosa possiamo aspettarci e se verrà pubblicato come M?
Robin Scott: È difficile descrivere la musica a parole, ma direi che ogni composizione fa parte di un viaggio di scoperta che non so mai bene dove porterà. Se qualcosa non cattura la mia immaginazione, lo abbandono e passo ad altro.
Il prossimo anno si presenta promettente; ho l’intenzione di pubblicare nuovo materiale e un progetto retrospettivo con remix del mio primo album.
I nuovi brani saranno in parte influenzati dalla mia storia, ma saranno molto diversi dal mio lavoro passato. “M” è un comodo alter ego che mi offre flessibilità, quindi tutto sarà presentato con il nome di Robin Scott M”.
Ringraziamo Robin Scott “M” per questa intervista e ci auguriamo di ascoltare presto il suo nuovo materiale!
Ricorda di visitare il suo sito ufficiale
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