War Memorial of Korea
Una delle sale più emozionanti del museo
Presentazione Seul
Seul, metropoli di circa 10 milioni di abitanti, è la capitale della Corea del Sud, Stato asiatico in cui vivono quasi 52 milioni di persone.
Cosa mi ha incuriosito così tanto di questo posto da decidere di trascorrervi tre settimane?
Sarò sincero: Ho sempre trovato il popolo coreano piuttosto inquietante, soprattutto per i motivi illustrati nel meraviglioso film ‘Parasite’, non a caso vincitore di numerosi premi qualche anno fa.
Inoltre, trovo fastidioso il loro odio viscerale verso i cinesi, che avrà pure delle giustificazioni storiche ma che comunque rivela una mentalità provinciale.
Questi sono i motivi principali che mi hanno spinto verso Seul. Quando si hanno dei pregiudizi (ossia giudizi basati non su un’esperienza diretta ma su letture e ‘sentito dire’), la cosa più stupida da fare è focalizzarsi solo su ciò che li conferma.
Di solito io cerco di fare il contrario, e anche se non sempre cambio idea (soprattutto quando si tirano in ballo diritti civili e dignità delle persone), sono convinto che il fatto di potermi immergere per tre settimane nel mondo coreano e beneficiare di una visione più obiettiva della loro realtà mi consentirà di tornare a casa con un’impressione più positiva su questo popolo, e sul loro stile di vita.
Il volo Etihad con scalo ad Abu Dhabi non riserva brutte sorprese, anche perché, memore dell’esperienza in Sichuan, quando sia all’andata che al ritorno la valigia mi è stata consegnata con tre giorni di ritardo, questa volta sto viaggiando solo col bagaglio a mano. Ho con me la biancheria intima, qualche maglietta, due calzoncini, la roba da bagno e il laptop per lavorare. Jihun mi presterà tutti gli indumenti più pesanti (che in realtà a settembre non servono), visto che è alto esattamente come me.
Chi è Jihun? L’ho conosciuto quando prima del Covid abitava a Barcellona, città in cui ho vissuto anch’io per quasi tre anni, e ora condividerà con me il monolocale che ho affittato vicino al parco di Nakseongdae, in una zona collinare (tutta la parte nord e sud dell’area metropolitana di Seul è un continuo saliscendi).
Come moltissimi coreani, anche nel giorno del mio arrivo lavorerà fino a tardi, per cui ho tutto il tempo di mettere a posto la mia roba e andare in bagno, dove mi aspetta la prima sorpresa del mio soggiorno coreano.
Come in altri paesi asiatici, qui non si usa il box doccia ma si attacca un flessibile al tubo che alimenta anche il lavandino, con una manopola che determina dove uscirà l’acqua.
Quindi, quando si fa la doccia, si allaga tutto il bagno, ma il punto è che, essendo stravolto da una notte insonne e 19 ore di viaggio, non mi sono nemmeno accorto di questa aggiunta e con l’intenzione di darmi una bella rinfrescata alla faccia per svegliarmi mi fiondo sul lavandino, apro con forza l’acqua e mi faccio una bella doccia gelata con i vestiti addosso, perché ovviamente la manopola era girata sulla funzione doccia!
Diversamente che a Taiwan e in Thailandia, non trovo un attrezzo per asciugare il pavimento dopo la doccia, cosa per me molto strana oltre alla dimensione decisamente ridotta del bagno.
Jihun, appena rientrato, mi svela il mistero: Molti coreani gradiscono che il loro bagno sia caldo e umido, come una sauna, quindi è necessario che l’ambiente sia piccolo, con molta acqua calda per terra, e una porta che non consenta al vapore di uscire.
Ecco perché, quando si alzano al mattino, per prima cosa fanno una doccia molto calda, e poi tutto il resto che si fa in bagno, con un’eccezione: l’applicazione dei prodotti per la cura del viso, attività che qui coinvolge in ugual misura uomini e donne e che viene svolta fuori dal bagno, prima di uscire di casa.
Una seconda anomalia dei monolocali coreani la scopro quando Jihun scoppia a ridere, dopo aver aperto l’armadietto di fianco al lavandino dell’angolo cucina.
Quella che per me era una dispensa per mettere scatolame e altri cibi conservati è in realtà una scarpiera! Per fortuna tutto ciò che ho acquistato al mini-market sotto casa in attesa del mio amico è ancora sigillato, per cui non dobbiamo buttare via nulla.
Dopo una bella dormita, sono pronto per uscire alla scoperta della città, partendo dal War Memorial of Korea.
Può sembrare strano iniziare con un museo dedicato alla guerra, soprattutto in un periodo un po’ particolare per noi europei, ma Jihun oggi lavora e, non essendo ancora pratico della città, ho bisogno di un posto facile da raggiungere e del quale tra l’altro ho sentito parlare molto bene.
In effetti, come museo è impressionante, con tante esperienze interattive che permettono di farsi un’idea di cosa passi nella testa di un poveretto che si trova costretto a combattere.
Ad esempio, c’è un’intera sezione dedicata alla guerra in Vietnam in cui hanno riprodotto anche la flora locale, i bunker e quant’altro.
Molto interessanti anche i saloni dedicati alla guerra di Corea, una ferita ancora aperta della quale avrò modo di parlare più avanti.
Queste non saranno ‘belle’ foto, ma ignorare la storia non ha mai portato nulla di buono, e anzi immergersi per un paio d’ore in questo orrore può aiutarci a diventare più consapevoli di cosa veramente vogliamo, al di là delle parole di circostanza.
Ingresso gratis.
Una delle sale più emozionanti del museo
Jihun mi ha detto di aspettarlo per cena al centro commerciale COEX, e quando girovagando al suo interno mi imbatto nella biblioteca più spettacolare che abbia mai visto, capisco il motivo.
Inaugurata il 31 maggio 2017, la Starfield Library contiene più di 50.000 libri solo nei tre muri alti 13 metri che la caratterizzano, oltre a 600 riviste nazionali e straniere a disposizione degli avidi lettori. A ricordarmi che mi trovo in Corea è l’ampia sezione, che consta di centinaia di libri, dedicata al trucco e alla cura del viso in generale. Costata 6 miliardi di won, la manutenzione di questa struttura davvero fuori dal comune costa altri 500 milioni all’anno.
Lo Starfield COEX, che la ospita, è a sua volta degno di nota in quanto è il più grande centro commerciale sotterraneo di tutta l’Asia.
Come puoi vedere dal seguente video, non si tratta della classica libreria in cui regna il silenzio, in quanto c’è uno spazio dedicato alla divulgazione (in questo caso un professore che sta dando una lezione di economia).
Dove la cultura incontra l’intrattenimento
Prima di chiudere il diario di questa giornata, voglio segnalarti un’altra peculiarità coreana che ho scoperto oggi.
Hai idea di quale sia lo scopo dei led luminosi che si trovano in corrispondenza di molti grandi incroci nelle città principali della Corea?
Se hai risposto: “Per aiutare i pedoni ad attraversare la strada”, complimenti, hai indovinato!
Molti coreani infatti sono abituati a camminare per strada guardando il cellulare, quindi le luci permettono loro di tenere lo sguardo a terra e capire allo stesso tempo se devono fermarsi al semaforo o se possono proseguire.
Il 17 settembre è il mio compleanno, e Jihun propone di festeggiarlo portandomi nel più grande e più bello dei 5 palazzi imperiali della capitale coreana.
Io in realtà sono arrivato a Seul con due grandi desideri: assistere ad un allenamento di short track (la stagione agonistica non è ancora iniziata) e a un’esibizione di taekwondo.
Il primo desiderio non verrà soddisfatto, in quanto gli allenamenti non sono aperti al pubblico, ma il secondo si materializza davanti ai miei occhi proprio il giorno del mio compleanno, mentre percorriamo l’ampio viale che conduce all’ingresso del palazzo imperiale.
I ragazzi di una scuola stanno mostrando la loro abilità davanti a un folto pubblico, e se non sai ancora quanto spettacolare sia un’esibizione di taekwondo, ti invito a guardare il seguente video.
I ragazzi di una scuola mettono in evidenza la parte più spettacolare di questo sport
La mia giornata sarebbe completa già così, ma il piatto forte deve ancora arrivare.
Il Gyeongbokgung Palace, costruito nel 1395 all’epoca della dinastia Joseon, venne quasi completamente distrutto da un incendio nel XVI secolo, e successivamente ristrutturato. L’adiacente padiglione e lo stagno sono invece rimasti come in origine.
Al suo interno spiccano la sala imperiale del trono e il Sujeongjeon, ossia il ‘Palazzo del Governo Morale’, dove è stato creato il sistema di scrittura coreano detto hangeul, sul quale potrai trovare informazioni più avanti.
Ora potresti domandarti cosa ci fa tutta quella gente in costume. Ebbene, se visiti il Gyeongbokgung Palace indossando un hanbok, ossia un tradizionale abito da cerimonia coreano che si può prendere in affitto in uno dei diversi negozi della zona, l’ingresso è gratis.
Tornando a casa, noto una piccola costruzione a forma di cilindro su un ponte pedonale che stiamo attraversando.
Jihun mi spiega che ce ne sono diverse in città, e servono come punti di refrigerio e sosta nelle calde giornate estive, visto che sono dotate di aria condizionata. Alcune hanno anche dei giochi di società o strumenti musicali, come quello in cui ci siamo fermati.
Jihun ne approfitta per esibirsi al pianoforte, strumento che suona saltuariamente in quanto quello in cui eccelle è il clarinetto.
Jihun si rilassa al pianoforte
Il giorno seguente prevede la visita del Lotte World Tower, il grattacielo più alto della Corea del Sud nonché quinto al mondo, con i suoi 123 piani e 554 metri di altezza.
Inaugurato il 3 aprile 2017, per la sua costruzione sono stati spesi circa 2,5 miliardi di dollari. Centro polifunzionale che ospita uffici e hotel di lusso, ha diversi punti di osservazione, il più alto dei quali è al 123mo piano, a circa 500 metri di altezza.
L’ascensore sale a una velocità di 10 metri al secondo, permettendo di raggiungere uno dei punti di osservazione in meno di 50 secondi.
Veloce e spettacolare
La vista sul fiume Han e sulla città è notevole.
Non per chi soffre di vertigini
Avendo terminato la visita nel primo pomeriggio, ci rechiamo a piedi nei paraggi del vicino Lotte World Park, il cui interno visiteremo fra un paio di settimane, quando una musica tradizionale in lontananza ci invita ad andare a vedere cosa stia succedendo.
È così che scopro il pungmul, una forma di musica abbinata alla danza acrobatica che appartiene alla tradizione contadina coreana.
Nato come accompagnamento ai riti sciamanici, è stato poi usato nelle proteste politiche da parte dei gruppi pro-democrazia, mentre attualmente viene più che altro considerato come una forma di intrattenimento.
La presentazione dei numeri è comica (per chi capisce il coreano), e spesso viene coinvolto anche il pubblico. Jihun, che in queste situazioni ci sguazza ed è anche la voce urlante che senti ogni tanto, si è subito offerto volontario per lanciare un piatto all’artista.
Il tutto sempre gratis, e sempre trovato per caso.
Musica, danza e bellissimi costumi
Verso il calar del sole percorriamo un piccolo tratto del Cheonggyecheon Stream, un canale lungo circa 11 km che scorre nel centro di Seul da ovest verso est, e che costituisce un notevole esempio di convivenza tra uomo e natura in una grande città.
All’ora di cena ci fiondiamo verso il Banpo bridge, il ponte fontana più lungo al mondo la cui base, al momento dell’accensione della fontana, diventa una gigantesca area picnic nella quale migliaia di giovani si siedono per mangiare e bere.
Disposta lungo i 1.140 metri di lunghezza del ponte sul fiume Han, la fontana spara 190 tonnellate di acqua al minuto attraverso i suoi 760 ugelli, grazie a 38 pompe che prelevano l’acqua dal fiume.
Lo spettacolo dell’accensione della fontana
Tornando a casa in metro facciamo una sosta alla stazione di Yongsan, dalla cui terrazza si gode una notevole vista del centro città.
Una bella vista notturna del centro di Seul
Ho parlato di metro? Ecco il momento perfetto per spiegare come ci si sposta a Seul!
Il pagamento delle corse sui mezzi pubblici di qualsiasi città coreana viene effettuato attraverso una carta plastificata, che può essere usata anche per l’acquisto di merce in alcuni supermercati.
Se ne può scegliere una con la foto dei propri artisti di K-pop preferiti o con i personaggi dell’app di chat Line, ma io ho optato per un sobrio colore nero.
Le 14 linee della metropolitana di Seul ti portano ovunque, quindi non ha alcun senso prendere un taxi e trovarsi imbottigliati nell’inevitabile traffico di una metropoli di 10 milioni di abitanti.
Su tutte le linee, quando il treno sta per arrivare, parte una specie di fanfara che ogni volta mi fa schiattare dal ridere.
Alcuni posti sulla metro, riconoscibili per il colore diverso del sedile, sono riservati ad anziani, disabili o donne incinte e la regola viene rispettata in modo ferreo, anche se non ho ancora capito in base a quale discriminante una persona venga considerata anziana o meno.
Per il resto, scordatevi la cortesia dei taiwanesi o dei cinesi di Chengdu (non sono in grado di parlare per il resto della Cina), nel senso che non appena uno dei posti non riservati si libera, chiunque sia nei pressi ci si fionda sopra, anche se il più delle volte si tratta di un adolescente.
Vanno anche menzionati alcuni sedili rivestiti in velluto, per i quali esiste una regola non scritta: oltre alle categorie di cui sopra, mi è stato detto che vengono utilizzati anche da chi in quel momento non si sente bene e non è in grado di stare in piedi. Io di solito mi siedo lì e per il momento non mi hanno ancora cacciato, non so se è perché mi considerano un vecchio, un malato, un turista ignorante o magari tutte e tre le cose insieme.
Durante le mie passeggiate, mi capita più volte di trovarmi davanti a situazioni inaspettate.
Un esempio è uno strano palo bianco con un pulsante, che trovo in diverse zone della città.
Devi sapere che in molte zone di Seul è vietato fumare anche all’aperto, come ricordano le scritte su molti marciapiedi.
Ma a cosa serve quel ‘palo’? Ebbene, qualora vedessi un trasgressore (io non ne ho ancora trovati, ma può capitare) e volessi evitare un confronto diretto, basta schiacciare il pulsante su quel tubo e una voce con tono perentorio ricorderà al cattivone che è vietato fumare.
Carino, non trovi?
Un’altra situazione insolita si verifica il giorno in cui, passeggiando per conto mio in centro, noto sulla mia destra alcune strane strutture a forma di dirigibile.
Incuriosito, entro in una di esse, ma ancora prima che abbia la possibilità di chiedere alla ragazza all’ingresso cosa ci sia lì dentro e se sia visitabile, vengo accompagnato a un bancone nel quale mi chiedono il passaporto e iniziano a scrivere i miei dati su un computer. Suppongo che per motivi di sicurezza debbano prendere i dati dei visitatori, ma quando mi viene consegnato un badge con il mio nome sopra mi rendo conto di essere stato scambiato per un invitato a un convegno sugli sviluppi della tecnologia sostenibile, che si tiene proprio lì dentro in quella giornata.
Questo equivoco si rivela una splendida opportunità, perché mi dà la possibilità di fare una bella chiacchierata con i presidenti di una ditta di integratori chetogenici e di una serra verticale, e di imparare molto su questi argomenti.
La foto seguente mostra l’interno di un altro di questi ‘dirigibili’, che fanno parte della cosiddetta DDP, ossia la Dongdaemun Design Plaza.
Progettate da Zaha Hadid e Samoo, queste costruzioni dal design neo-futurista vengono utilizzate per esibizioni e convegni, e ospitano anche alcuni negozi di design e oggettistica, oltre ad avere ampi spazi in cui sedersi per rilassarsi un po’.
Spettacolare centro incontri e altro
Il Palazzo dell’Assemblea Nazionale ospita il ramo legislativo del Parlamento Sudcoreano. È possibile visitarlo, ma bisogna riempire un formulario e attendere che venga approvato.
Poiché sono più interessato all’adiacente biblioteca, faccio una sosta lì, anche perché in quel caso basta consegnare il passaporto all’ingresso.
Ho scelto questa zona come punto di partenza perché mi offre l’opportunità di tornare in una delle aree di Seul che per ora amo di più, ossia il parco che costeggia il fiume Han.
Una cosa molto carina che lo caratterizza è la presenza di mini biblioteche all’aperto, luoghi ideali per una sosta all’ombra e per una rapida lettura di uno dei tanti libri a disposizione (a volte se ne trovano anche in inglese).
Dopo circa 3,5 km di camminata nel parco, raggiungo la mia meta successiva, ossia il grattacielo 63 Square, conosciuto anche come il ‘Lingotto d’Oro’.
Inaugurato nel 1985, con i suoi 249 metri di altezza era all’epoca il grattacielo più alto del mondo al di fuori degli Stati Uniti. Attualmente ospita la sede di una compagnia di assicurazioni, alcuni istituti finanziari e un centro commerciale.
Da lì, girovagando per altri 4 km, raggiungo il gigantesco mercato all’ingrosso del pesce conosciuto come Noryangjin Fisheries Wholesale Market.
Nonostante venga spacciato per attrazione turistica, ho l’impressione che lì dentro non siano molto abituati a vedere “l’uomo dai grandi occhi e il lungo naso”, come vengono definiti gli occidentali da queste parti, perché non vedo altri turisti e quasi tutti i venditori mi salutano con l’inchino.
La sera del 21 settembre esco con Ryu, un ragazzo coreano cui avevo fatto da cicerone a Verona nel 2019.
È venuto a trovarmi per un paio di giorni (ora non abita a Seul), ed essendo un ‘party animal’ per eccellenza, Jihun mi ha lasciato nelle sue mani per passare una serata a Sillim, una delle zone della movida notturna di Seul.
Qui di notte non ci si annoia di certo
Grazie a Ryu scopro il soju, la vodka coreana che francamente io mi scolerei da sola e che invece consigliano di mescolare con la birra in proporzione di uno a tre.
Per cena, bocconcini di pollo con verza e patate dolci, con l’immancabile salsa piccante e il fornello che la scalda. C’è anche del formaggio fuso, che si aggiunge a fine cottura. I bocconi si pescano uno alla volta dal pentolone e vengono accompagnati da noodles integrali.
Dopo cena è il momento del karaoke, dove possiamo esibire le nostre doti canore.
Poiché nell’ampio catalogo c’è anche un brano dei Depeche Mode, Sir Joe si diverte come non mai.
Ogni occasione di cantare I Depeche Mode è buona per Sir Joe
Voglio ora parlarti di un aspetto molto interessante dell’urbanistica della città.
I vasi di fiori rendono questo ponte pedonale molto più gradevole
Nelle seguenti foto noterai fiori, statue, parchi e opere artistiche decorative.
Non sono piazzati a caso, ma sono il risultato di una strategia implementata molti anni fa, quando con il nuovo piano regolatore di Seul venne deciso che chiunque volesse costruire un grattacielo di prestigio (per intenderci, quelli che ospitano le sedi di multinazionali, agenzie assicurative, banche e così via), a seconda dello spazio a disposizione attorno all’edificio doveva realizzare anche un parco, un’installazione artistica o qualsiasi altra cosa di cui potessero beneficiare tutti i cittadini.
Da un’idea brillante, passiamo ora a un aspetto inquietante della cultura coreana.
Per quanto il Mapo Bridge abbia l’apparenza di un ponte come tutti gli altri, esso è anche conosciuto come il Ponte dei Suicidi.
La Corea del Sud ha un tasso di suicidi molto elevato, dovuto soprattutto allo scarso livello di autostima che una società molto competitiva e in cui conta molto l’apparenza può causare nei soggetti più deboli.
Ad esempio, se un bambino torna a casa da scuola e dice ai genitori di avere preso ‘nove’ in un’interrogazione, è molto probabile che la madre, anziché lodarlo, gli chieda perché non è riuscito a prendere ‘dieci’. Da queste parti ciò non è visto come una forma di eccessiva severità, ma anzi come un gesto d’amore, per spronare il bambino a dare sempre il meglio.
Io sono totalmente contrario a questo tipo di educazione, ma ovviamente la mia opinione non conta nulla in un contesto in cui la competizione e la ricerca della perfezione la fanno da padroni. Approfondirò questo aspetto nelle considerazioni finali del viaggio, per ora torniamo al ponte.
Perché proprio questo sia il preferito per farla finita non è chiaro, ma essendo lungo quasi 1,5 km (come d’altra parte tutti i 27 ponti che a Seul attraversano il fiume Han), è meglio non iniziare ad attraversarlo se si è stanchi, perché se ci si ferma a metà per riposarsi un po’ c’è il rischio che un solerte automobilista di passaggio avverta la polizia.
Qualche anno fa il ramo assicurativo della Samsung aveva fatto installare lungo la ringhiera dei sensori, frasi di incoraggiamento e foto di famiglie felici, allo scopo di dissuadere gli aspiranti suicidi. Nel 2019 però è stato rimosso tutto, per la scarsità di risultati e per la cattiva immagine della nazione che veniva offerta ai turisti.
Come vedi, anche una città che offre molte opportunità di svago, di relax e di bellezza non può nulla, quando si vive nella convinzione di non essere ‘abbastanza’.
Purtroppo la fama di questo ponte non è invidiabile
Tornando a situazioni più piacevoli, ora ti racconto attraverso un video cosa mi è successo il giorno in cui ho visitato il Seoul Museum of Art, vicino alla stazione di Sadang.
Divertente aneddoto su quanto accaduto in un museo
È arrivato il week-end, e la presenza di Jihun anche durante il giorno mi consente di mettere il naso fuori Seul per la prima e unica volta durante questo soggiorno coreano.
Anche se la maggior parte di noi non è in grado di nominare un’altra città della Corea del Sud oltre a Seul, questo Paese conta oltre 20 città con più di un milione di abitanti.
Suwon è una di esse, pur essendo a soli 30 km dalla capitale. La sua caratteristica principale è quella di essere rimasta l’unica città fortificata della Corea del Sud, e le sua mura sono patrimonio mondiale dell’umanità.
È molto insolito che l’UNESCO includa un reperto non originale nella sua lista, ma in questo caso è stata fatta un’eccezione grazie all’ottima abitudine dei coreani di disegnare e annotare tutto (incluse le ore in cui il re andava in bagno ogni giorno, tra l’altro), che ha permesso alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso di ricostruire con esattezza quanto era andato distrutto durante guerra di Corea, circa 25 anni prima.
Poiché nella versione originale non erano stati utilizzati chiodi per l’assemblaggio, bensì un sistema ad incastri, questa si è rivelata la parte più difficile durante l’opera di ricostruzione. Nella foto con la rete di protezione si può notare questo dettaglio.
L’ultima foto mostra cinque ciminiere, usate come sistema di allarme per la popolazione di Seul. La prima a sinistra era sempre in funzione, e significava che tutto era tranquillo. Più ciminiere venivano azionate, maggiore era il livello d’allarme, e quando tutte e cinque emettevano fumo significava che le mura erano state violate.
La seconda grande attrazione di Suwon è il Haenggung Palace, utilizzato dai re come residenza temporanea per rilassarsi, o come rifugio in tempo di guerra.
In assenza del re, la struttura veniva utilizzata come ufficio governativo, mentre al giorno d’oggi ospita eventi culturali e dimostrazioni di arti marziali.
Il pranzo a Suwon me lo ricorderò a lungo, non tanto per il cibo, comunque come sempre molto buono (tofu e kimchi in salsa piccante, e un altro piatto a base di carne, pesce, verdure e funghi in pastella), quanto per ciò che succede durante e dopo.
Per prima cosa, anche se ciò che abbiamo ordinato sarebbe sufficiente per sfamare quattro persone, il tizio al tavolo di fianco al nostro ordina delle frittelle di carne macinata, solo per il piacere di condividerle con noi. Se hai visto il video su cosa non fare quando sei in Corea, sai già come andrà a finire.
Inoltre, poco dopo esserci seduti a tavola, Jihun, i commensali degli altri tavoli e la cameriera iniziano a conversare tra di loro, con grandi scoppi di risate di tanto in tanto.
Un esempio di queste conversazioni: la cameriera, rivoltasi al nostro tavolo, dice: “Lo sai che sei proprio bello?” Essendosi espressa in coreano, Jihun suppone che si rivolga a lui e la ringrazia, ma lei dice: “Non tu, sto parlando con Naso Lungo!” (ti ricordo che, detto da un asiatico, questo è un complimento).
Mi verrà poi spiegato che questo fenomeno è assolutamente normale, fuori della capitale, e la cosa mi conferma quanto sia difficile per me comprendere i coreani, tanto competitivi ed egocentrici da una parte, quanto capaci di gesti di generosità e convivialità che non ho mai visto neanche in Italia dall’altra.
Tornati a Seul, è tempo di visitare altre meraviglie della città, tra cui la NamSan Tower. A differenza di tutte le altre torri-osservatorio che ho visitato in Asia, il colore non ha una funzione decorativa bensì indica il livello di inquinamento registrato in quel momento, in una scala di 4 colori che passa da blu a verde, poi giallo e rosso.
Quando la torre è rossa, la popolazione è invitata ad uscire di casa solo per necessità e comunque indossando una mascherina, per proteggersi dallo smog.
Una situazione del genere purtroppo non è insolita in inverno, ma non è causata da Seul di per sé, che pur essendo una metropoli è molto attenta alle questioni ambientali, bensì dalle fabbriche delle città costiere cinesi, alcune delle quali distano non più di 300 km dalla capitale coreana.
Una leggenda metropolitana racconta che sotto la base della torre sia nascosto un gigantesco deposito di armi, da utilizzare per attaccare la Corea del Nord, o a scopo difensivo in caso di attacco del turbolento vicino.
Le possibilità di vedere Seul dall’alto non mancano di certo
Accanto alla torre noto una bellissima costruzione che, sebbene ricordi strutture simili presenti in altri Paesi asiatici, è tipicamente coreana.
Si tratta del palgakjeong, una specie di padiglione collocato in cima alle montagne, il cui scopo un tempo era quello di permettere ai ricchi di fuggire dal caos della città per incontrarsi in uno spazio in cui dedicarsi a giochi di società, bere, e conversare; una specie di picnic esclusivo, per intenderci.
Quello di NamSam ha una particolarità: fino a circa 40 anni fa, quando gli smartphone non esistevano e in Corea esisteva ancora una forma di romanticismo che ora fa sorridere le nuove generazioni, questo era il luogo in cui due innamorati che per qualsiasi motivo dovevano separarsi (partenza per la guerra di lui, trasferimento in un’altra città della famiglia di lei ecc.) promettevano di rivedersi, qualora le circostanze fossero tornate favorevoli, con tanto di data e ora precisa.
Sorprendentemente, pare che nel tempo questa soluzione abbia funzionato in molti casi.
Il 25 settembre inizia in totale relax, per poi procedere con grandi camminate. Approfittando del fatto che devo acquistare la sciarpa di una squadra locale di calcio per un amico in Italia, Jihun e io facciamo colazione al bar dello stadio in cui si sono giocate tre partite dei mondiali di calcio del 2002, e nel quale preparano uno strepitoso cappuccino.
Oltrepassato il parcheggio dello stadio, una serie di scale ci permette di salire fino allo Sky Park, da dove si gode di una vista notevole sulla città.
Ennesimo bel panorama, questa volta sul fiume Han
La tappa successiva è alla EWHA Womans University, famosa per essere il primo Politecnico femminile al mondo.
Poi camminiamo lungo un’altra porzione del Cheonggyecheon Park, di cui ho parlato in precedenza.
Potevo forse farmi mancare un villaggio Hanok? Certo che no.
Nel Namsangol Hanok Village le case tradizionali coreane sono state restaurate per permettere ai visitatori di respirare l’atmosfera dell’era Joseon, che va dal 1392 al 1897.
Infine decidiamo di immergerci nel caos domenicale del centro di Seul visitando uno street food market, ossia il mercato del cibo pronto da consumare sul momento.
A Seul è sempre ora della pappa…
Il clima continua ad essere gradevole, per cui anche il 26 e 27 di settembre posso trascorrere gran parte del tempo all’aperto, alla scoperta di nuovi quartieri.
Per prima cosa mi reco al tempio di Bongeunsa, situato non lontano dal COEX. Anche se non sono religioso, devo dire che restare inginocchiato davanti al Buddha, con gli occhi chiusi, il profumo dell’incenso e il frinire dei grilli in sottofondo è sempre un’esperienza molto appagante.
Il seguente video è stato girato in un altro tempio, di cui non ricordo il nome.
In una parola: ipnotica
Poi mi trasferisco in uno dei quartieri universitari, dove assisto a un fenomeno molto interessante.
Se sei un artista con velleità di successo, il modo migliore per farsi notare è quello di esibirsi per strada. Soprattutto nei fine settimana è possibile assistere a decine di esibizioni di ballerini, cantanti, musicisti, attori, mimi e quant’altro.
Essendo il loro scopo quello di farsi notare da impresari e gestori di locali, o anche solo di condividere il loro talento con chi è per strada in quel momento, non chiedono neanche soldi.
Qualcuno ha detto K-Pop?
Questi ragazzi sono proprio bravi
L’Aqua Art Bridge, completato nel 2004, è forse il ponte pedonale più insolito che abbia mai attraversato.
Al di là della cascata d’acqua, secondo me la cosa più sorprendente è quello che ti aspetta una volta che l’attraversi: il Seul trail, di cui parlerò più avanti.
Un ponte pedonale come nessun altro
Passiamo ora al quartiere di Ikseondong, molto interessante perché presenta stradine strette piene di locali, piccoli musei e un maestoso parco, che purtroppo apre solo di sabato e domenica.
Per superare la delusione di non aver potuto visitare il parco, mi reco al Children Grand Park. Come puoi notare, qui anche i parchi giochi hanno un ingresso impressionante.
Questo è sicuramente uno dei piatti forti del mio viaggio, in quanto è il più importante museo sull’arte e la storia della Corea del Sud.
È il sesto museo più grande al mondo, contiene più di 310.000 reperti e ogni anno è visitato da più di 4 milioni di persone.
Al di là dei numeri, la cosa più impressionante è la sensazione di benessere che si prova al suo interno, grazie a una serie di fattori: Ingresso gratis (come peraltro in quasi tutti i musei qui), montagne di bambini che ti salutano con l’inchino, pannelli in inglese per ogni singolo reperto esposto, un percorso facile da seguire grazie a sale numerate in modo chiaro, spettacolari esperienze interattive digitali, simpatici robot pronti a darti informazioni. Vedere per credere.
Un paio di esempi delle esperienze video che si vivono al museo
Di fronte a questo gigantesco museo troviamo il museo dedicato al hangeul, ossia il sistema di scrittura coreano.
La storia dell’alfabeto coreano è molto interessante, ed è raccontata in alcuni pannelli, in inglese, che ho fotografato. Se non sai l’inglese, riassumendo molto ti posso dire che fu inventato nel 1443 dal re Sejong, per permettere a tutti i suoi sudditi di poter leggere e scrivere attraverso un semplice alfabeto, al posto dei complicati ideogrammi cinesi utilizzati fino ad allora.
In effetti non è difficile da imparare (io ci ho messo circa una settimana), anche se da qui a imparare il coreano, la strada è molto lunga.
In un paese come la Corea del Sud, la guerra e le operazioni militari occupano inevitabilmente un ruolo importante.
Parlando del presente, a nord di Seul è normale sentire il rombo degli aerei da caccia che pattugliano la zona al confine con la Corea del Nord, e in metropolitana trovo quasi sempre ragazzi poco più che adolescenti in divisa, soprattutto delle forze aeree.
Per quanto riguarda il passato, oltre al memoriale sulla guerra, di cui ho già parlato, a Seul è possibile visitare il gigantesco Cimitero Nazionale, dove sono sepolte quasi tutte le figure più rappresentative legate alla difesa del Paese, oltre a migliaia di soldati periti nella guerra di Corea e in quella del Vietnam.
La fama di questo sito è anche legata a due incidenti avvenuti con la Corea del Nord. Nel 1970 ci fu l’esplosione di una bomba piazzata da tre agenti nordcoreani, mentre nel 2005 una visita di una delegazione di 182 ufficiali nordcoreani suscitò enormi proteste in tutto il Paese, per il timore di dover un giorno ricambiare la cortesia nei confronti del controverso vicino.
Il museo dell’artigianato è colpevolmente sottovalutato dalle guide turistiche internazionali.
Io lo trovo bellissimo, tanto che avrei fotografato tutto quello che ho visto, e così la pensano i coreani, visto che ha ricevuto 40.000 visitatori nei primi quattro mesi dopo la sua apertura, il 16 luglio 2021.
Segue poi l’interessante museo del folklore coreano, molto interattivo per coinvolgere anche i bambini, che illustra come si svolgeva la vita in questo Paese dal XVII al XX secolo.
Ennesimo museo molto interessante, interattivo e gratis
Al museo dell’arte moderna e contemporanea non c’è molto da vedere, ma alcune cose meritano assolutamente, come la Piccola Arca, di cui ho registrato un breve video e che è esposta solo temporaneamente, quindi chissà se, dove e quando la si potrà vedere di nuovo.
Altra esposizione temporanea è un’interessante retrospettiva sul pittore Lee Jungseop, che usava anche la carta stagnola per le sue opere e la cui storia è un esempio della sofferenza patita da molti coreani, per la seconda guerra mondiale prima e la guerra di Corea poi, eventi che costrinsero molte famiglie a separarsi.
Le numerosissime lettere all’adorata moglie giapponese, colme di speranza e buoni propositi fino alla fine, sono in sé delle opere artistiche; qui ne puoi vedere una, seguita dalla traduzione in inglese.
Purtroppo, Lee morì solo e in povertà, prima di potersi ricongiungere con la moglie e il figlio.
Se hai letto il mio articolo sull’Uzbekistan sai già che sono un appassionato di pattinaggio di figura, quindi non ti sorprenderà la presenza di un breve video di una pista di pattinaggio, in questo caso nei pressi della Lotte World Tower.
La peculiarità delle piste da ghiaccio coreane è che sono divise in un anello esterno per la pratica dello short track, che qui è lo sport nazionale, e uno interno per il pattinaggio di figura.
Notare la presenza di più anelli, per poter svolgere sport diversi
Ora ci spostiamo verso la periferia.
Sebbene sia difficile crederlo, qui siamo ancora in piena area metropolitana di Seul, a 10 minuti da casa mia e a 15 dalla stazione metro di Nakseongdae.
Il Seul trail, infatti, è un percorso di 157 km che attraversa foreste, parchi, siti storici, fiumi, templi e anche qualche strada cittadina di Seul, senza mai allontanarsi troppo dalla fermata di un mezzo pubblico.
È molto ben tenuto, ci sono molte panchine (pulitissime) e nella mia zona include il tempio che hai visto in una foto sopra. Tra l’altro, la tartaruga in Corea è un simbolo di buon augurio, ossia: “Che la tua vita possa essere lunga come quella di una tartaruga”.
Ecco perché non manca mai accanto ai templi e ad alcuni palazzi reali.
Come avere un sentiero in città. Bellissimo!
15 minuti dopo aver girato il video mi sono trovato in mezzo ad un mercato affollato, a conferma dell’interazione che c’è a Seul tra la vita di città e quella in mezzo alla natura.
Se hai notato, la stessa cosa si evince dal video dell’Aqua Ark Bridge, che ho postato in precedenza, dove a un’estremità del ponte abbiamo grattacieli e un paesaggio tipicamente urbano, mentre all’altra, una volta attraversato l’arco, c’è il paesaggio quasi incontaminato del Seoul trail.
Finalmente, eccoci al Lotte World Park, un posto in cui potrei trascorrere anche una settimana senza annoiarmi.
Questo luna park è diviso in una parte interna e una esterna, che si vede parzialmente in una delle precedenti foto del Lotte World Tower, e già la fermata della metro da cui si accede è molto promettente.
Aperto nel 1989, accoglie più di 7 milioni di visitatori l’anno, e nei 4 piani della parte all’interno ci si può divertire con 35 diverse attrazioni.
Nessuna foto o video può ricreare la magia di quello che ho sperimentato in un luogo in cui anche il pranzo è ‘mostruosamente’ divertente, ma tenendo conto di quanto sia avanzata la Corea a livello tecnologico, forse puoi comprendere come dai 5 ai 100 anni non esista nessuna scusa per non passarci almeno mezza giornata.
Divertimento assicurato
Annesso al parco c’è un interessantissimo museo, che si può visitare anche separatamente e nel quale c’è anche una riproduzione molto dettagliata di un villaggio del 1600.
Tornando a casa dal Lotte Park, Jihun decide di mostrarmi lo spettacolare Parco Olimpico.
Lì ci imbattiamo nell’ennesimo spettacolo gratis, molto vario e interessante, che ci fa ritardare la cena di un paio d’ore.
Soprattutto nei fine settimana è assolutamente impossibile annoiarsi a Seul, se non per propria scelta, e non si spende un won.
Canti, balli, acrobati ecc.
Ricordi quando ho detto che vicino al Gyeongbokgung Palace si può affittare un hanbok per poter entrare gratis al palazzo? La maggior parte dei turisti in effetti fa così, affitta l’abito per un paio d’ore, gira per il palazzo reale e poi torna in negozio a restituirlo.
Io invece, sobillato da quel mattacchione di Jihun, ne approfitto per spacciarmi per il re, per poter restare qui quanto mi pare senza i limiti imposti dal visto turistico, e giro mezza città per 9 ore conciato in questo modo.
Il fido servo Jihun mi assiste nelle funzioni obbligatorie, soprattutto quella di slacciarmi e allacciarmi i pantaloni reali quando vado in bagno, operazione impossibile da svolgere da solo.
Sulla metro qualche suddito mi saluta con l’inchino (sono un re moderno, che ama stare fra la sua gente); lo ritengo un chiaro segnale che lo stratagemma stia funzionando.
Dismessi con gran dispiacere i panni del re, è la volta di una crociera notturna sul fiume Han, che per fortuna né la pioggia né i continui richiami di Jihun al Titanic riescono a rovinare.
Sebbene a Seul sia molto imponente, con i suoi 1150 metri di larghezza, il Han è solo il quarto fiume nella penisola coreana per lunghezza, non raggiungendo i 500 km.
Nasce nella Corea del Nord dalla confluenza di due fiumi minori, e per qualche decennio è stato utilizzato dai nordcoreani come via di fuga dal Paese, sebbene ovviamente i rischi fossero enormi.
Oggi, con satelliti e droni a disposizione, è semplicemente impossibile raggiungere la Corea del Sud in questo modo.
A proposito: a differenza di altre nazioni, nelle quali la maggior parte della popolazione è talmente imbevuta di propaganda nazionalistica da giustificare o fingere di ignorare le nefandezze dei suoi leader (non faccio nomi perché tanto ognuno di noi ha una sua lista, in base alle proprie idee politiche), pare che i nordcoreani non vedano l’ora di liberarsi di Kim e compagnia bella, per ricongiungersi con i fratelli del sud.
Dico “pare” perché le uniche testimonianze ci giungono da quelli che sono riusciti a fuggire, e per quanto la logica suggerisca che abbiano ragione, è doveroso usare il beneficio del dubbio.
Questo desiderio di ricongiungimento è peraltro ampiamente condiviso qui al sud.
Da notare che Il fiume Han è motivo di controversie anche con gli Stati Uniti, per la loro presunta pessima abitudine di riversarvi formaldeide diluita da una base militare.
L’unica ammissione è arrivata nel 2000, ma qui sono in molti ad essere convinti che si tratti di un problema irrisolto, ed è uno dei motivi per cui molti abitanti si rifiutano ancora di bere l’acqua dal rubinetto, sebbene le autorità affermino che, anche grazie alla sostituzione delle tubature, ora l’acqua di Seul sia assolutamente priva di rischi per la salute.
Piacevole anche con pioggia e vento
Finalmente siamo arrivati al corposo capitolo sui ristoranti coreani! Eh sì, perché qui mangiare è una vera festa, e il materiale da divulgazione non manca di certo.
Per prima cosa, voglio sfatare due miti:
Per il mio primo pasto coreano, Jihun mi ha portato in un locale in cui servono piatti freddi e tiepidi che sono un po’ l’equivalente delle tapas spagnole, anche se qui servono quasi esclusivamente come accompagnamento per bevande alcoliche a base di riso che vanno dai 5 ai 20 gradi, un set perfetto per incontri di lavoro o tra studenti universitari.
Anche la bevanda a 5 gradi alcolici, chiamata makgeolli, dà subito alla testa, a causa di una reazione chimica che avviene in fase di fermentazione e che agisce sul nostro organismo, ma che non sono in grado di raccontare in dettaglio perché purtroppo mi è stata spiegata dopo che avevo bevuto anziché prima.
Per quanto riguarda i piatti, quello più a sinistra è tofu con l’immancabile kimchi, il secondo sono zampe di maiale, il terzo è una gelatina non dolce a base di fagioli, poi maiale piccante e una frittata con zucchine e funghi.
Un ristorante dove all’ingresso c’è scritto “Ti voglio bene, sono contento di vederti” e all’uscita “Grazie mille, arrivederci e buona fortuna” non poteva che attirare la mia attenzione, perciò una sera abbiamo deciso di mangiare al MaDangGol.
Jihun ha ordinato un piatto della cucina povera coreana, ossia ispirato al modo creativo con cui i contadini riciclavano gli avanzi: stufato di manzo con gamberetti, spaghetti di soia, patate, carote e peperoni, condito con salsa di soia, aglio e peperoncino.
I piatti di accompagnamento erano germogli di soia in insalata, pesce essiccato e polverizzato al quale viene aggiunta farina per formare delle specie di tagliatelle (il sapore ricorda molto il surimi), e l’immancabile kimchi.
Mangiando lì ho anche imparato alcune cose che Jihun mi ha detto essere molto comuni nei ristoranti coreani:
1) All’ingresso, ci si toglie le scarpe
2) La base della sedia è un cilindro all’interno del quale si mettono la borsa, l’ombrello e in genere qualsiasi effetto personale che ci si è portati dietro e che non serve mentre si mangia
3) Come mi era già capitato in Cina, il locale mette a disposizione del cliente un grembiule per non sporcarsi
4) Il bagno è all’esterno, sul retro del locale, e per evitare di doverci andare scalzi ci sono delle ciabatte davanti alla porta che dà sul retro. Se ne infila un paio a caso, e si va…
Per il mio compleanno, invece della torta ho chiesto di poter festeggiare con il mio piatto coreano preferito: il bibimbap!
Il BBQ coreano è un’altra delizia che avevo scoperto una dozzina di anni fa in Australia, e che non vedevo l’ora di provare nel suo paese di origine.
Il modo corretto di gustarlo è quello di far cuocere carne, funghi e verdure in una piastra rovente (notare gli spicchi d’aglio), poi se ne prendono due o tre pezzettini, si intingono in una salsa piccante e nei semi di sesamo e si adagiano su una foglia di lattuga, che poi viene arrotolata e messa in bocca. Irresistibile!
Una delle cose che mi piacciono di più dell’Asia è la cultura dello street food, ossia del cibo pronto venduto per strada.
Anche a Seul ci sono migliaia di bancarelle come quella della seguente foto, e la qualità è spettacolare.
Ora invece ti mostro la mia colazione preferita: un panino ripieno di panna e fagiolo rosso (quello che i giapponesi usano per fare il gelato, per intenderci).
Nella foto successiva abbiamo al centro quell’impasto di polvere di pesce e farina che sa di surimi di cui ho già parlato, questa volta a forma di anello e in brodo.
Sopra di esso, in senso orario, una soppressata di carne, lumache di mare con cavolo in salsa piccante e noodles, alghe, tofu con cetrioli in salsa piccante, frittata e patatine fritte.
Passiamo ora al haemul galguksu pajeon, piatto a base di frutti di mare fatti cuocere direttamente sul tavolo in un brodo di pesce, ai quali dopo alcuni minuti di cottura vengono aggiunti i noodles.
A quel punto si fa partire la clessidra e poco alla volta vengono rimossi i frutti di mare. Quando tutta la sabbia ha raggiunto il fondo della clessidra, si spegne il gas e si inizia a mangiare, senza togliere i noodles tutti in una volta dal pentolone ma prelevando solo la quantità che di volta in volta si vuole mettere in bocca.
Da provare assolutamente!
Chiedo scusa se non ricordo il nome dei due prossimi piatti, ma almeno te li so descrivere.
Dunque, abbiamo un piatto dai colori chiari, e uno tendente al rosso.
Ormai abbiamo imparato che rosso significa piccante, anche perché il pomodoro non esiste nella cucina coreana, ma ciò vuol forse dire che l’altro piatto non sarà piccante?
Al contrario, perché quel rettangolo verde che si vede sul bordo della scodella contenente carne di maiale tritata, trippa caramellata, uovo, cipolla e cipollotto è wasabi, e anche tra i più potenti che abbia mai mangiato, come ho scoperto quando sono quasi soffocato dopo il primo boccone.
Una volta mescolati i vari ingredienti, lo si mangia accompagnato da ravioli giganti, foglie di alga, kimchi, rafano e germogli di soia.
Il piatto ‘rosso’ invece è a base di polpo, e prevede gli stessi piatti di accompagnamento.
Questo è ciò che mi merito per avere chiesto se potevo ancora avere un dolcino alla fine di un pasto!
Per mia fortuna, il patbingsu è un dolce principalmente composto di ghiaccio finemente tritato (un ingrediente che sinora avevo visto solo in Malesia), al quale vengono aggiunti gnocchetti di riso glutinato e una pasta di fagiolo rosso, che è quella che vedi in cima.
Mentre lo ordini puoi richiedere ingredienti aggiuntivi, e nel mio caso ho aggiunto frutta secca, latte condensato e cioccolata.
Durante le caldi estate coreane, è impossibile non concedersi una pausa pomeridiana senza questa delizia.
Ora ti mostro il piatto più strano che ho mangiato in Corea!
Il mulhue viene considerato molto rinfrescante dai coreani, e freddo lo è di certo, visto che il pesce crudo e le varie verdure che vedi nella zuppiera in centro sono immersi in un un brodo ghiacciato (i cubetti non si vedono, ma ci sono).
Una volta mescolati i vari ingredienti, se ne mette un po’ in una ciotola e si mangia accompagnato da noodles e patate dolci in pastella, più altra roba che va preparata come nella terza foto: si prende una foglia d’alga e sopra si mettono delle fettine d’aglio, uova di pesce, cipollotto e salsa piccante, poi si arrotola e si mangia.
Sulla destra della prima foto ci sono anche degli strepitosi calamari fritti, da mangiare con la maionese che si vede sotto.
Dal piatto più strano, passiamo ora a quello più spettacolare: il mulgalbi.
Oltre ai piatti di accompagnamento, abbastanza riconoscibili, l’altro piatto principale è pasta integrale con una fettina impanata e alghe, il tutto immerso in un brodo freddo (ti garantisco che è molto più buono di quanto la descrizione possa far pensare).
Sì, ma tu vuoi sapere in cosa consista quella ‘palla’, giusto?
Il seguente video svelerà il mistero.
Un piatto davvero sorprendente
Passiamo al prossimo piatto.
Giustamente potresti domandarti cosa c’entrino pancetta, soppressata e formaggio con la cucina coreana.
C’entrano con la triste storia della nascita del 부대찌개 (budaejjigae), che risale ai tempi della guerra di Corea, quando la sopravvivenza di parte della popolazione dipendeva dalle scatolette di carne e dalle sottilette donate dai soldati americani, cui veniva aggiunto quel poco che c’era a disposizione, essenzialmente riso, noodles, rape e cipollotti. Ecco perché, una volta pronto, si mangia insieme al riso che viene servito in una ciotola separata.
Per inciso, qualsiasi piatto coreano in cui si vedono formaggio fuso e insaccati tra gli ingredienti condivide la stessa genesi.
Piatto interessante con elementi occidentali
Ora ti mostro una variante del bbq coreano, nel senso che il cibo in questo caso viene cotto sulla carbonella.
Il tubo è un aspiratore, per evitare di affumicare i commensali, e devo dire che funziona benissimo, dato che il locale era stracolmo di gente e si sentiva a malapena odore di mangiare.
Ormai abbiamo imparato che quando c’è la lattuga in tavola significa che bisogna metterci sopra un pezzo di carne e qualcos’altro tra ciò che è disponibile, arrotolare e mangiare.
Come sempre, Jihun ha ordinato per un reggimento, con la scusa che “i giorni sono pochi e i piatti da assaggiare tanti”.
Dopo questo pasto, tra l’altro, credo che avrei potuto allontanare 2000 vampiri in un colpo solo!
Avanti il prossimo!
Se Jihun aveva intenzione di trasformarmi in una balena prima di rispedirmi in Italia, devo dire che ha fatto un ottimo lavoro, anche perché, come sempre, abbiamo spazzolato tutto.
La peculiarità del ristorante Gamnabujib è che il locale è in realtà un alloggio adattato a ristorante, all’interno di una casa a due piani. È una soluzione che non si vede spesso in Corea, ma consentita dalla legge.
Un’altra curiosità del locale è che Jihun ha ordinato un solo piatto, che probabilmente in italiano si traduce con “portaci tutto quello che hai in cucina”, e che consiste in vari tipi di pesce essiccato, funghi, radici e verdure di cui non ho mai sentito il nome.
Temevo che la signora ci avrebbe portato anche dei piatti non richiesti, ma per fortuna come omaggio si è limitata ad uno strepitoso tè di prugna e barbabietola.
Tra l’altro, solo oggi Jihun mi ha fatto scoprire il bokbunjajoo, un vino di lamponi assolutamente da provare. Mi domando quante altre delizie alcoliche mi abbia nascosto, e il motivo.
Sempre parlando di bevande, non posso non menzionare che nei ristoranti coreani l’acqua naturale, anche se in bottiglia, non si paga.
Durante l’ultimo pasto ho ricevuto l’ennesima sorpresa della cucina coreana, dal shiregi gimchichige.
Si inizia con un normale bollito con patate, sormontato da foglie e semi di sesamo che si fanno bollire nel brodo.
Come accompagnamento abbiamo kimchi, rape e peperoncini verdi da intingere nella pasta di soia sulla destra (la combinazione è davvero squisita).
La sorpresa arriva quando nel tegame restano solo più alcuni pezzi di carne e il brodo (ovviamente piccante); a quel punto ci si versa sopra una ciotola di riso già cotto imbevuto di olio di sesamo, con sopra delle foglie di sesamo già tagliate e alghe essiccate.
Si mescola il tutto, lo si appiattisce il più possibile e si lascia che il riso assorba il brodo. Quando inizia ad attaccarsi al fondo e si sente un leggero odore di bruciato, si spegne il fuoco e si inizia a raschiare il tegame.
Molti coreani ordinano questo piatto solo per godersi questa ultima parte, mentre io ho scoperto di non essere un grande fan del riso stracotto e bruciacchiato.
Il seguente video mostra le due fasi che ho descritto.
Più facile mangiarlo che scriverlo
Prima delle considerazioni finali, una piccola carrellata di foto che non rientrano all’interno di nessun tema, ma che mi fa piacere condividere perché mostrano cose che mi hanno colpito: grattacieli, monumenti, paesaggi etc.
Il cartello ‘shelter’ necessita di una spiegazione: lo si trova all’ingresso di tutte le fermate della metro e indica che lì ci si può rifugiare in caso di uragano o di attacco nucleare dalla Nord Corea. Tutte le stazioni infatti sono dotate di migliaia di apposite maschere antigas.
In caso di terremoto, invece, di solito ci si raduna nei cortili delle scuole.
Le ultime foto di questo articolo riguardano l’accogliente aeroporto di Incheon, a ovest di Seul.
Scrivo le seguenti considerazioni mentre un trio molto bravo di ragazzi mi intrattiene con la loro musica.
Nell’attesa del volo, non ci si annoia
Partiamo da cosa non mi ha impressionato della Corea del Sud:
1) Orari di lavoro assurdi e aspettative troppo elevate, che si può intendere anche come esasperata ricerca della prestazione e della perfezione.
Jihun è un tipico esempio: il suo lavoro consiste nel verificare la formattazione sullo schermo e la qualità della traduzione in inglese, cinese e giapponese dei testi presenti nei giochi da telefonino, prima che vengano immessi sul mercato.
Sembra una figata, ma in realtà è un lavoro molto stressante perché i tempi sono ristretti e l’unico modo per svolgerlo bene è quello di simulare l’esperienza del cliente finale, ossia giocare tutti i livelli. Una cosa è farlo per divertimento, un’altra è quando ti dicono che devi finire entro una certa ora di un certo giorno, che solitamente è … ieri.
Entra in ufficio alle 8:30 e quando va bene esce alle 20, spesso anche alle 22. Poiché lavora in quella ditta solo da qualche mese, finora ha maturato solo due giorni di ferie, che ha sacrificato per stare con me un giovedì e venerdì. Per non avere problemi tornando al lavoro, l’ultimo giorno prima delle ‘ferie’ è tornato a casa alle 3 del mattino di giovedì, perché ritardi ed errori vengono mal tollerati.
Non si può nemmeno dire che sia un fenomeno recente dovuto alla globalizzazione perché ricordo che, quando nel 1994 vivevo nel Connecticut, il mio vicino di casa coreano ebbe il permesso dalla Samsung di tornare qualche giorno a Seul per conoscere suo figlio solo 11 mesi dopo la sua nascita (tieni presente che all’epoca non c’erano né internet né le videochiamate).
Il prezzo da pagare per questo stile di vita è molto alto, come dimostrano i 13.000 suicidi del 2020, tra l’altro prima causa di morte tra i giovani dai 10 ai 24 anni e quasi tutti causati dal senso di colpa per non sentirsi all’altezza.
2) Lo strano modo di farti capire che non ti possono o non ti vogliono aiutare
Solitamente, quando sono all’estero e la persona per strada a cui mi rivolgo per chiedere un’informazione non parla inglese, mi viene rivolto un sorriso e qualche parola di scuse nella sua lingua. In Corea invece, nonostante abbia selezionato apposta persone giovani e non di fretta per avere più probabilità di successo nella comunicazione, molte volte sono stato completamente ignorato: la gente semplicemente guardava da un’altra parte e continuava a camminare, a meno che non mi parassi davanti bloccandogli la strada.
Jihun è consapevole di questo problema ma non ha saputo darmi una spiegazione, mentre Ryu si è espresso senza mezzi termini: “Il coreano medio è troppo impegnato a guardarsi allo specchio per accorgersi degli altri”.
Lo stesso accade durante gli occasionali scontri (intesi come contatti accidentali) per strada, dove nessuno chiede scusa e ognuno riprende a camminare come se non fosse successo nulla. Il motivo è che chiedere scusa costa molto a un coreano, perché è a tutti gli effetti un’ammissione di inadeguatezza (torniamo al discorso sull’ossessione per la perfezione).
3) Il prezzo esorbitante di frutta e verdura
Sebbene questo sia un argomento molto controverso in rete, con gente che sostiene che i prezzi di questi generi alimentari in Corea siano ragionevoli, io posso dire ciò che ho visto in questa stagione, ossia: A meno che tu non voglia mangiare cavoli, rape e germogli di soia a pranzo a cena, tutta l’altra verdura che noi occidentali siamo abituati a consumare costa dai quattro euro al chilo in su. Non escludo che in altre stagioni ci siano verdure locali più economiche, o almeno lo spero per i coreani.
La frutta poi è un vero lusso, con prezzi che vanno dai sei ai nove euro al chilo per praticamente qualsiasi prodotto.
Il motivo è semplice: due terzi del territorio della Corea è montagnoso e mal si presta ad essere coltivato, quindi quasi tutta la frutta e verdura che si vende qui è importata. Considerando che con nove euro si comprano 15 pezzi di sushi, puoi immaginare quali siano state le mie preferenze alimentari in queste 3 settimane, quando non mangiavo fuori.
Detto in altro modo, per un vegetariano la Corea non è esattamente il posto ideale in cui vivere.
4) La totale concentrazione sul cellulare anche mentre camminano per strada.
Perché mi dà fastidio? Perché così facendo è impossibile andare sempre dritti, e più di una volta ho dovuto scansarmi per evitare una collisione con qualcuno che mi stava venendo addosso camminando in diagonale.
Passiamo ora alle note liete; anche in questo caso mi limiterò a quelle più importanti per me, sebbene ce ne siano molte altre:
1) Pulizia
In generale, i coreani seguono un principio tanto logico quanto inapplicato in gran parte del mondo: così come in casa propria non si getta un fazzoletto usato sul pavimento della cucina, non si fanno scarabocchi nei muri del salotto e quando si va in bagno si pulisce il water, se necessario, allo stesso modo ci si comporta quando si esce e si ha a che fare con il bene pubblico.
Per un mio problema di salute ho dovuto usare molti dei numerosi bagni pubblici (tutti gratis, perché per un coreano l’idea di dover pagare per andare in bagno è inconcepibile), e devo dire che in quasi tutti avrei potuto mangiarci dentro.
Considerando che i cestini per la spazzatura sono praticamente inesistenti, la pulizia delle strade è davvero sorprendente, per quando sia doveroso aggiungere che ho visto molti più spazzini che da noi, in parte anche volontari.
2) Sicurezza
Come in Cina e a Taiwan, qui i poliziotti vengono mandati in giro per le strade, a piedi, e ovunque ci sono telecamere di sorveglianza, con il risultato che è normale vedere anziani e donne sole camminare o usare i mezzi pubblici anche all’una di notte.
Inoltre, se entri in un caffè piuttosto affollato e temi di non trovare più un tavolino libero una volta che hai in mano ciò che hai ordinato, che sia all’interno o all’esterno basta posare su un tavolino il tuo borsello o il cellulare, per occuparlo, e metterti tranquillamente in coda per piazzare il tuo ordine. Quando tornerai al tavolino, puoi stare certo che la tua roba sarà ancora lì, anche se fossero passati 10 minuti.
3) Cibo
Anche se su questo punto non tutti saranno d’accordo, non posso non far notare che dal mio punto di vista in Corea si mangia in modo strepitoso!
In conclusione, credo di non avere mai incontrato un popolo così enigmatico come quello coreano, tanto concentrato su sé stesso per l’ossessione di raggiungere la perfezione e la prestazione in ambito lavorativo ed estetico, quanto amante della convivialità e capace di gesti di generosità verso sconosciuti, come hai potuto constatare dai miei racconti.
Una tale ambiguità mi costringe a considerare un ritorno lì al più presto, perché questo enigma non può restare irrisolto, non credi?
Se questo articolo ti è piaciuto, se hai domande o se vuoi condividere la tua esperienza a Taiwan, ti sarei grato se scrivessi un commento qui sotto. Questo permetterà al blog di crescere e a più persone di scoprirlo.
Per lo stesso motivo, ti chiedo la cortesia di condividere l’articolo con chiunque ritieni possa apprezzarlo. Grazie.